Riflessione di Claudio Filippini trovata per caso su Internet...ma che in gran parte condivido.
"Riflessione della sera: sembra che il jazz nel 2015 in Italia debba per forza essere articolato, complesso, spigoloso. Pare che tutti vogliano seguire il filone americano e complicarsi la vita a tutti i costi. “Eh ma a New York suonano tutti da paura”, ti dicono. Secondo me a New York c’è anche chi (perdonatemi il termine) fa cagare. Io con New York non c’ho mai avuto a che fare e sinceramente non me ne frega niente. È una realtà che non mi appartiene. Non ascolto quella roba, non ne sento il bisogno. Semmai mi scervello a trovare la mia storia, mi guardo allo specchio e (oltre a sputarmi in faccia) mi chiedo: “Chi sono? Da dove vengo? Qual è la mia storia? Cosa ho di bello da dire agli altri?”
Sembra quasi che vogliano far passare il concetto di “complicato” come sinonimo di “moderno”. Come se la difficoltà fosse direttamente proporzionale alla bellezza. Qui sono tutti fieri di essere italiani ma poi dicono “Hey man” anche al fruttivendolo. Ormai tutti sono impegnati a suonare accordi indecifrabili su tempi difficili, ognuno nel proprio giardinetto però, come se ognuno chattasse con il proprio smartphone anziché parlare con gli altri. Mi sembra che la comunicazione con il pubblico lasci il posto ad una (scusate anche qui) grande sega. Mi capita di ascoltare dei temi brutti, che non canteresti mai sotto la doccia. Da dove escono questi temi che durano un eternità e che alla fine neanche ti ricordi come fanno? Troppa varichina nel collutorio?
Detto questo chiudo questo post e scendo dal treno perché sono arrivato a Roma e prenderò la metro che probabilmente si romperà alla seconda fermata. Buonanotte “combà” (non “Hey man”)"