Riflessioni culturali sul nostro strumento

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Matteo Giannini
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Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da Matteo Giannini »

Buongiorno, negli ultimi anni mi è capitato di viaggiare in oriente. Diciamo nella penisola indocinese. Guardando la loro tradizione musicale , oltre a qualche aerofono il legno, non ho visto strumenti a fiato. Le trombe almeno dall'osservazione in loco nel n sono strumenti che fanno parte della loro tradizione. Hanno strumenti a corde, percussioni, vibrafoni ma ottoni no. Sembra che gli ottoni facciano parte di una tradizione occidentale, qualcuno vuole condividere le proprie osservazioni in merito?


(Capo Oro) vecchio suonatore in erba.
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Marco Muttinelli
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Re: Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da Marco Muttinelli »

Provo a fare una ipotesi alquanto provocatoria:
Semplicemente gli orientali non avevano bisogno di essere ricondotti all'ordine, cosa che invece coi popoli occidentali era necessaria.
Intendo dire che mentre gli orientali riconoscono il valore dell'ordine gerarchico (qui andrebbe aperta una parentesi su come tale gerarchia si intenda in senso orientale che è profondamente differente rispetto al concetto occidentale della stessa ma non è certo il caso di aprire un tema così complesso e che tocca i concetti filosofici più profondi di civiltà così antiche e da noi moderni così poco comprese) mentre gli occidentali hanno bisogno di venir richiamati mentalmente a tale gerarchia.
Non è un caso che le trombe "naturali" venissero nel mondo occidentale usate fin dai tempi dell'antico egitto o per scopi di etichetta istituzionale (quando il Faraone o i vari regnanti accedevano al pubblico venivano annunciati da strumenti affini alle trombe) o per scopi militari per impartire comandi a gran parte delle truppe simultanemente.
Questi due elementi sono rimasti pressoché intatti fino ai giorni d'oggi, sebbene con la scomparsa delle monarchie europee l'aspetto dell'etichetta sia quasi totalmente scomparso. Rimane in essere l'uso militare se pensiamo ad esempio all'adunata mattutina anche se oramai per lo più riprodotta da impianti audiofonici e non più fisicamente da un trombettista vero.
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38A Victor 1937 - 12B Coprion 1940 - 22B New York Symphony 1940


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Igor
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Re: Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da Igor »

Marco Muttinelli ha scritto: 29/08/2023, 13:55 Provo a fare una ipotesi alquanto provocatoria:
Semplicemente gli orientali non avevano bisogno di essere ricondotti all'ordine, cosa che invece coi popoli occidentali era necessaria.
ahahah ipotesi alquanto provocatoria (e bislacca :-D :-D) in effetti :-D.

Se parliamo di tradizione e strumenti tradizionali, in realtà le "trombe" rivestono una certa importanza anche nelle culture asiatiche, basti pensare ad esempio al Dungchen tibetano Immagine

al Zhajiao Cinese Immagine

In realtà però va anche detto che molti degli "ottoni" asiatici, essendo storicamente derivanti dal Surna iraniano (vedi le mille varianti di suǒnà (dida, laba, gyaling etc)) invece del bocchino, usano una minuscola ancia doppia e quindi anche se classificati come "trombe", trombe non sono nel senso occidentale del termine.
Immagine
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Matteo Giannini
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Re: Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da Matteo Giannini »

I grandi corni tibetani li conoscevo. Graziemper gli altri. Attualmente in Thailandia e Cambogia non ne ho mai incontrati, flauti di varie fatture a parte.
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Marco Muttinelli
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Re: Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da Marco Muttinelli »

Igor ha scritto: 30/08/2023, 10:02
Marco Muttinelli ha scritto: 29/08/2023, 13:55 Provo a fare una ipotesi alquanto provocatoria:
Semplicemente gli orientali non avevano bisogno di essere ricondotti all'ordine, cosa che invece coi popoli occidentali era necessaria.
ahahah ipotesi alquanto provocatoria (e bislacca :-D :-D) in effetti :-D.
Faccio finta, anzi sono sicuro vista la tua preparazione scolastica e l'uso del virgolettato, che il termine tu lo abbia utilizzato in senso strettamente etimologico di "stravagante" https://www.etimo.it/?term=bislacco&find=Cerca
etimo_bislacco.jpg
e, non già, nel comune senso dispregiativo che ha oramai assunto il termine, ma sicuramente potrai confermare o smentire tale mia conclusione.
In tal guisa non posso che osservare alcuni elementi dal momento che ritieni stravagante tale ipotesi.
In primo luogo viene da domandarsi perché si debba ritenere una ipotesi come "stravagante".
Una ipotesi https://www.etimo.it/?term=ipotesi&find=Cerca
etimo_ipotesi.jpg
essendo una "proposizione immaginata, supposta, da cui si traggono conseguenze" è per sua stessa natura un qualcosa che non è "certa" e che sconfina, necessariamente, in strade originali, non ancora battute e non consolidate ufficialmente in schematizzazioni "universalmente" (in questo caso il virgolettato serve ad indicare che tale termine non è il più appropriato) accettate da un certo ambito scientifico o di letteratura tecnica.
Semmai, ciò che va fatto con una ipotesi (qualunque essa sia) è quella di capirne gli elementi fondanti e verificare che le affermazioni derivanti da una tale ipotesi siano o meno coerenti con la stessa.
Una ipotesi può essere giusta o sbagliata, proprio in quanto ipotesi, non ha alcun senso parlare di stranezza nel caso di una ipotesi. E' ciò che segue a tale ipotesi che ne andrà a confermare o a smentire la validità, attraverso quella che potremmo definire come "dialettica Hegeliana", ovvero analizzando la coerenza della "tesi" rispetto ai presupposti insiti in ipotesi, proponendo una antitesi dalla quale finalmente ricavare la sintesi.
A scanso di equivoci l'elemento esssenziale e fondante (l'ipotesi appunto) è racchiusa dal seguente concetto che riporto dal mio primo intervento:
"Intendo dire che mentre gli orientali riconoscono il valore dell'ordine gerarchico (qui andrebbe aperta una parentesi su come tale gerarchia si intenda in senso orientale che è profondamente differente rispetto al concetto occidentale della stessa ma non è certo il caso di aprire un tema così complesso e che tocca i concetti filosofici più profondi di civiltà così antiche e da noi moderni così poco comprese) mentre gli occidentali hanno bisogno di venir richiamati mentalmente a tale gerarchia."
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
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Re: Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da Igor »

Marco Muttinelli ha scritto: 31/08/2023, 12:32
Faccio finta, anzi sono sicuro vista la tua preparazione scolastica e l'uso del virgolettato, che il termine tu lo abbia utilizzato in senso strettamente etimologico di "stravagante" https://www.etimo.it/?term=bislacco&find=Cerca
ahahaha mamma mia Marco, non avrei mai pensato che l'uso bonario del termine bislacco avrebbe scatenato un post così lungo.
Comunque voglio rassicurarti, ho usato il termine incriminato con l'accezione di "stravagante", e siccome stravagante significa "che esce fuori dai limiti, o da determinati limiti, dal comune, dalla consuetudine, dal normale" (cit. Trecani), va da se, per proprietà transitiva, che io alla fin fine abbia semplicemente definito la tua tesi "fuori dalla consuetudine", cosa che non mi pare inusuale, o strana.

Ad ogni modo, senza scomodare Hegel (anche se mi piace ricordare sempre che la dialettica è per prima cosa "la legge della razionalità" (un po' alla Fichte)), provo a spiegare perché, seppur bella e romantica (quasi Rousseauiana direi), sulla base delle conoscenze attuali, la tua tesi è quanto meno difficilmente dimostrabile.

Il tuo assunto di base, come hai ricordato è:
Marco Muttinelli ha scritto: 31/08/2023, 12:32 "mentre gli orientali riconoscono il valore dell'ordine gerarchico (qui andrebbe aperta una parentesi su come tale gerarchia si intenda in senso orientale che è profondamente differente rispetto al concetto occidentale della stessa ma non è certo il caso di aprire un tema così complesso e che tocca i concetti filosofici più profondi di civiltà così antiche e da noi moderni così poco comprese) mentre gli occidentali hanno bisogno di venir richiamati mentalmente a tale gerarchia."
Ricordiamoci che questa tesi è stata usata come ipotesi per giustificare la "presunta" scarsa diffusione di strumenti a fiato ed ottoni in particolare, nelle culture asiatiche.

Da un punto di vista logico razionalista (e con le semplificazioni del caso, visto che siamo in un Forum), se dovessi rappresentare il pensiero di questa tesi, lo dovrei rappresentare così:

Gli ottoni sono usati (ANCHE(aggiungo io)) per richiamare all'ordine -> le società orientali riconoscono le gerarchie -> non hanno bisogno di richiamare all'ordine -> le società orientali non avevano la necessità di sviluppare ottoni.

Questa catena di passaggi (rappresentanti un pensiero) è quello che, dai logici, verrebbe definito "mal formato" o quanto meno "incompleto", in quanto:
- non è possibile affermare che gli ottoni abbiano storicamente avuto esclusivamente funzioni di richiamo all'ordine
- non è possibile geograficamente e storicamente esprimere omogeneamente un giudizio culturale sul rispetto delle gerarchie nelle società orientali (perché geograficamente non è così ovunque, e perché in periodi storici diversi la cultura era diversa)
- non è possibile chiaramente affermare che laddove ci sia un rispetto delle gerarchie non sia necessario "richiamare all'ordine"
- non è possibile legare lo sviluppo o meno degli strumenti a fiato (ed ottoni specificatamente), all'esistenza o meno della funzione "richiamare all'ordine"

Già da questo punto di vista giungere alla tesi finale, con queste premesse incomplete, risulta difficile, ma se aggiungiamo il fatto che, alla fin fine, nemmeno è vero che nel mondo orientale gli areofoni non sono usati, divente veramente difficile trovare la quadra.

Un'ultima nota: ho scritto questo sbrodolone perché stuzzicato dall'impronta Hegeliana che Marco ha voluto dare al suo post, ma non è assolutamente mia intenzione aprire qualsiasi polemica, flame etc... prendete questo post per quello che è, un mero esercizio di logica :-D :-D :-D :-D :-D
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Marco Muttinelli
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Re: Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da Marco Muttinelli »

Apriti cielo e Deo gratias! : Smile :
Finalmente si alza il livello della discussione, il nuovo regolamente è stato pensato proprio per dar un respiro più ampio al forum e non soffermarsi ai soliti dettagli relativi a questo o quello strumento, e, fintanto che si rimane nei limiti della buona educazione, anche queste riflessioni sono fondamentali e più importanti della vitinia di fermo della terza pompa : Chessygrin :

Detto questo, mi sembrava doveroso, e senza entrare nello specifico cercherò di esplicitare meglio il pensiero che nel primo post è stato assai sintetico, e come tale, privo di alcuni elementi che, sebbene superflui, aiutano a comprendere il quadro generale.

L'ipotesi, appunto (mi raccomando attenzione che nel tuo precedente hai riportato alcuni aspetti come tesi ma in realtà appartengono ancora all'ambito dell'ipotesi) è che ci sia una differenza (sia nel tempo, sia nello spazio, e come tempo parlo di un lasso di alcune migliaia di anni, non certo dell'ultimo secolo) tra le popolazioni orientali e quelle occidentali nel proprio rapporto con il concetto di "gerarchia" (sia essa intesa in senso tanto Spirituale quanto temporale, anche laddove tali aspetti confluiscano in un unica manifestazione come ad esempio nei Faraoni dell'antico Egitto).

Non è mia intenzione dimostrare la validità di tale ipotesi, essa è certamente valida e vera secondo determinati punti di vista, altrettanto certamente falsa secondo altri, ad esempio per chi ha una visione immanentista della relatà tale ipotesi risulterà necessariamente falsa, al contrario per chi ha un certo tipo di visone trascendentale della realtà tale ipotesi risulterà valida.

Dato come assunto che la succitata differenza esista, ma soprattutto sia esistita in passato più che ai giorni nostri ai quali stiamo, anzi, assistendo ad una "occidentalizzazione" del mondo orientale (con la perdita di tante forme tradizionali che avevano accompagnato questo mondo fino al 1800 più o meno) tale differenza non può che essersi esplicitata in "forme" (intese in senso Aristotelico) differenti tra il mondo orientale e quello occidentale, così come effettivamente è stato nei secoli passati (non fosse stato così avremmo tutte tradizioni uguali in tutto il mondo).

Una di queste "forme", o se preferisci possiamo anche definirla come "idea" (in senso Platonico) è sicuramente la musica che nel suo divenire da potenza ad atto può assumere significati e funzioni assai diversi. Nel caso occidentale, ad esempio, abbiamo da un lato la musica profana (che a sua volta raggruppa una miriade di tipi differenti) e quella Sacra (anche se oramai quasi scomparsa).

In questo contesto una cosa è assolutamente certa, la musica orientale e quella occidentale sono completamente differenti, così come a loro volta differiscono dalla tradizione mediorientale e da quella del continente africano e probailmente anche altre di cui non sono a conoscenza in quanto esulano completamente dal campo del mio vissuto. Differenze tanto sensibili e macroscopiche che risultano analoghe a quelle esistenti tra le lingue parlate nelle varie regioni del globo terracqueo.

Orbene, tali differenze si esprimono tanto nella forma sensibile "μορφή", quanto nel modo in cui si presentano "σχήμα", altrettanto nella loro intelleggibilità "είδος" che esse offrono al recettore o fruitore. Cerco di spiegare con un esempio ciò che intendo: se un Cinese mi parla nella sua lingua io capisco che sta parlando, potrò anche capirne il tono di quanto mi sta raccontando (arrabbiato, felice, imperioso etc.) ma non capirò cosa effettivamente mi stia dicendo al contrario di un altro cinese che comprenderà, invece, perfettamente e lo stesso vale all'incontrario.

Definito ed assodato che le differenze esistano, dicevo che esse non possono altro che esplicitarsi mediante mezzi differenti, tra cui appunto anche gli strumenti musicali essendo essi null'altro che delle forme particolareggiate delle funzioni che devono svolgere. Essendo diversa la musica, non possono che essere diversi anche gli strumenti che tale musica devono riprodurre. Il che non significa che non possano esserci strumenti "analoghi" tra il mondo occidentale e quello orientale, possono essere persino a volte quasi identici, stiamo comunque pur sempre parlando di una idea pura (la musica appunto) che in quanto tale ha valore "universale" mentre le differenze con le quali tale idea pura si esplicano risiedono esclusivamente nell'ambito particolare (sia temporalmente che spazialmente) del luogo e del tempo in cui tale musica si è "cristallizzata" mediante l'azione dell'uomo che dall'idea pura l'ha resa, invece, concreta.
Anche considerano la musica come semplice manifestazione, priva quindi di qualsiasi valenza sovra-immanente, il fatto che presenti così tante diversità da un tempo all'altro e da un logo all'altro deve necessariamente far ricorso a strumenti differenti per manifestarsi.

Bene, in quest'ottica, lo sviluppo degli ottoni in occidete ha sicurmanete tratto grande impulso da due utilizzi assai specifici sebbene molto diffusi fino ad un centinaio di anni fa. Da un lato i protocolli di corte dove l'ingresso dei dignitari veniva annunciato attraverso le fanfare che sono per lo più composte da ottoni e percussioni. Dall'altro l'utilizzo militare dei "corni" conosciuto sin dai tempi più antichi. Nel secondo caso è piuttosto semplice individuare il motivo della scelta di tale strumento per impartire comandi alle truppe (segnali codificati e facilmente riproducibili), un po' meno nel primo.
Perché era necessario annunciare l'ingresso dei dignitari mediante elaborati e, spesso, anche piuttosto lunghi brani sonori?
Non sarebbe bastata una strombazzata e via? E' sicuramente su questo punto che dobbiamo soffermarci a riflettere per arrivare a "derimere" il quesito di Matteo iniziale.

Perché, invece, nelle corti asiatiche si utilizza(va) solitamente il Gong per annunciare i dignitari? E perché spesso un solo colpo era sufficiente?

Lo stesso ragionamento potremmo farlo con mille altre questioni, perché le nostre preghiere (penso a quelle latine in particolar modo) sono così lunghe ed elaborate e gli indù pronunciano solo dei mantra che spesso si riducono ad un'unica sillaba?

E' possibile che queste differenze così abissali tra il mondo occidentale e quello orientale abbiano fatto si che da noi si siano sviluppati (e quindi utilizzati poi per altri scopi) certi tipi di strumento piuttosto che altri invece sviluppatisi nel mondo orientale? Per me la risposta è affermativa, altrimenti avrei scritto altro, e sono esattamente quelle differenze presenti nel modo di concepire la gerarchia, tra le popolazioni orientali e quelle occidentali, nel proprio rapporto con tale concetto sia che lo si intenda in senso tanto Spirituale quanto temporale, anche laddove tali aspetti confluiscano in un unica manifestazione come scrivevo all'inizio.
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Re: Riflessioni culturali sul nostro strumento

Messaggio da muggsy »

...ciao,molto bello questo post,provo a dire anche la mia
oltre a tutte le motivazioni portate,che ho letto : Chessygrin : penso che di fondo ,grazie alla gran differenza sociale e musical culturale tra l occidente e l oriente,cosa che secondo me ha fatto si che alcuni strumenti fossero meno usati o per niente usati,
altra differenza l ha fatta sia la musica classica che da fine 1700 a inizi 1900 ha scitto pagine di gran musica dove vedeva la tromba anche con concerti solisti,cosa che non succedeva in oriente
per i riti di annunciazione ,dove da noi si strafa' mentre in oriente( ma anche in AFRICA) con un bum di tamburo o gong , si ammutoliscono piazze intere,beh qui entra in gioco sia il profondo rispetto per chi ha carica piu alta,sia anche una certa assuefazione socio politica vissuta nei secoli.
Poi non ultimo i mercati della musica che portano intere generazioni a suonare o questo o quello strumento,beh in oriente,e pure in Africa,sino a qualche decennio fa non vi era grande scelta musicale,in alcuni posti addirittura oggi è proibito ascoltare un tipo di musica e/o suonare uno strumento.
buona domenica
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mounthpiece schilke 13b- Frate 3 HS 106 -Frate 4 HS 106- Monette B4LS1-EZ TONE.USA
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