Vedo su You Tube una bella Masterclass di Marco Pierobon.
Pierobon non ha bisogno di presentazione, tutti sanno chi è e ne conoscono il valore.
Però Marco, in questo caso hai pisciato fuori dal vaso e mi spiego (non tanto per te quanto per i ragazzi che hanno diritto a informazioni giuste)
Ad un certo punto dici che nemmeno i jazzisti improvvisano veramente sul palco, a casa studiano migliaia di combinazioni, le mettono nel proprio hard disk (il cervello) e poi le "pescano e le suonano sul chorus.
Una sorta di parziale verità c'è solo se ci riferiamo ai Patterns (da me odiati) che hanno insegnato, forse, a suonare a molti jazzisti ma che certamente hanno contribuito scolasticamente a fare migliaia di solisti "uguali".
Non sono solo, siamo tantissimi a non praticare e a non insegnare la "strada" del Pattern.
E cosa studiamo noi allora? Come sempre, come tutti da che mondo è mondo:Scale, accordi, collegamenti accordali e progressioni armoniche.
Tutto il resto è farina del nostro sacco, creata proprio sul momento, fidati.
La difficilissima arte dell'improvvisazione (insieme alla altrettanto difficile arte della composizione e dell'arrangiamento), sia essa tematica, tonale, modale o altro, richiede una maturità, una poetica che prendono una vita intera per essere approfondite, scavate e non molti diventano bravi improvvisatori, molti "rimangono" ottimi strumentisti.
Quindi per favore Marco, non toglierci quella parte altamente personale ed artigianale che è il cuore della nostra musica, sennò fo come qualcuno che si scrive i soli a casa, li affina, li perfeziona e poi li suona, non fa per me grazie.
Ti abbraccio e ti stimo (sia chiaro...) e cmq sono disponibile in rete (Facebook oppure www.stefbartoli.wordpress.com) per una tua eventuale cortese risposta se vorrai, mi farebbe piacere.
Stefano