Credo che qualche valutazione di ordine etico vada fatta. Oramai ci stiamo spingendo (in tutti i settori, non solo in questo) verso una "virtualizzazione" totale che dovrebbe destare qualche preoccupazione nell'essere umano. Il termine virtuale indica, in filosofia, ciò che è sinonimo di "potenziale" ovvero esistente in potenza ma contrapposto a ciò che è reale, effettivo; mentre in fisica e matematica si dice di enti o grandezze che, pur non corrispondendo a oggetti o quantità reali, possono essere introdotti o considerati per determinati scopi di calcolo, di rappresentazione o di deduzione logica. Realtà virtuale, di cui sentiamo parlare continuamente, non è altro che una totale contraddizione in termini, perché dove vi è la seconda non può esserci la prima e viceversa, l'una escludendo necessariamente l'altra. La strada verso la virtualità totale parrebbe segnata, a meno di ripensamenti critici da parte di quei soggetti che partecipano incessantemente a questo processo in atto oramai da diversi anni. Ma perché ciò possa avvenire ci vorrebbero delle condizioni preliminari che, al momento, non si vedono. Ovvero pensatori, chiamiamoli filosofi se preferite (io preferisco sempre il primo termine usato), che valutino attentamente questo processo di virtualizzazione e le conseguenze che ne deriveranno sul breve, medio e lungo periodo, alla luce degli insegnamenti lasciati dai grandi filosofi del passato più o meno recente.
the "SPECIAL" ist:
38A Victor 1937 - 12B Coprion 1940 - 22B New York Symphony 1940